venerdì 29 marzo 2013

UN PARCO NATURALISTICO NELLE “GRAVE” DEL PIAVE?

Tra Ciano di Crocetta del Montello e Vidor.

Le condizioni ci sono tutte!

 
    Riscoprire il greto del Piave penetrando attraverso le piste a volte ghiaiose, a volte inerbate, non è stato difficile. Un ritorno al passato, quando, ragazzini, andavamo ad acquistare, penetrando da Ciano del Montello, uccellini tipici delle “grave”, da ammirare poi nelle nostre gabbie. Come allora, la bicicletta ti consente di muoverti nella misura voluta, e come allora, appena scesa la riva e guadagnato l’alveo, si penetra ancora in un mondo incredibile. Ricondotto al banale quotidiano solo dall’abusivo passaggio di qualche vietato veicolo a motore.
Ma il grande silenzio e le ampie prospettive, intercalate da folta macchia mista, che si presentano, fanno rigenerare gli istinti. Cominci a sentire i richiami di svariate specie di uccelli, ad osservare tipici arbusti fioriti, e ad essere rapido nel seguire lo scatto e la corsa di una lepre o il nascondersi di una coppia di fagiani. Cerchi l’acqua, ma sei costretto a convivere con le radure, la macchia e l’atmosfera selvaggia per parecchio prima di raggiungere l’alveo. Qui il paesaggio cambia. La presenza dell’acqua richiama diverse specie di uccelli, garzette, gabbiani, qualche airone cenerino, cormorani, rondini di mare, tutti guidati dalle ampie distese d’acqua, a volte corrente, e apre scenari stimolanti.
La bicicletta comincia ad essere un ingombro. Nella natura selvaggia come quella che ti circonda ormai da un po’, ti senti un intruso. Nascondo la bici tra i cespugli, procedo acquattato radendo le siepi e mi sporgo verso il corso d’acqua. Non ricordo, nella mia infanzia una simile ricchezza di vita dentro le “grave”, soprattutto nella varietà degli uccelli. Un grande ritorno che mi fa ben sperare. Non avevo con me la macchina fotografica, ma è ovvio che sarei tornato. Una lunga esperienza giovanile a osservare gli uccelli, mi consentiva di riconoscerli con sicurezza. Ma un canto singolare mi incuriosì, non riuscendo a catalogarlo. Noto che il richiamo proveniva da una colonia di uccelli dal volo un po’ vagabondo e, appunto, dal canto a me sconosciuto. Incredibile che non ricordassi di averne mai incontrato in passato con comportamenti simili!
Cercai di avvicinarli, ma mai sufficientemente da poterli distinguere al punto da riconoscerli. Desistei, tanto sarei tornato con binocoli e macchina fotografica, molto ma molto presto. Un fuori strada, abusivo - gli accessi al Piave o sono chiusi ai mezzi motorizzati o sono dotati di segnaletica che ne vieta l’accesso - sbucò da una pista inghiaiata con sommo rumore e in una nuvola di polvere. L’incantesimo era rotto, ripresi la bicicletta e, diradata la polvere, presi la via del ritorno. Era verso il tramonto, e, a quell’ora, molte specie di uccelli si radunano in stormi alla ricerca di un luogo tranquillo per passare la notte. Sette ne contai, erano aironi cinerini in formazione, stagliati verso l’azzurro pallido del tramonto si fondevano nel colore del cielo. La mia fantasia ricominciò a volare, ma bisognava guadagnare le infrastrutture civili. Il giorno successivo il sole è limpido, ritorno attrezzato e in compagnia di David, mio nipote. Lo specchio d’acqua alla confluenza del Nasson, una coppia di gheppi presso il nido, una lepre che fugge, diventano subito scatti appassionati, ma l’obiettivo era raggiungere la colonia dei misteriosi uccelli. Ero attrezzato con uno zoom Nikon 18/70 DX, montato su Nikon D80. Purtroppo mi dovetti accontentare di scattare discrete e varie inquadrature per un bel po’, in quanto dei misteriosi uccelli, non trovai più traccia nei dintorni del luogo del precedente avvistamento.
Approfittammo allora per girovagare con la bicicletta alla scoperta di quello che appariva sempre più come un meraviglioso “Parco del Piave”. Non molto lontano, in direzione della foce, sento il singolare richiamo e vedo apparire, in volo e posati su alti rami, alcuni esemplari della colonia. Una rapida “zoomata” su un soggetto fermo sopra un ramo secco e scopro immediatamente la meraviglia. Si trattava di una colonia di gruccioni. Mai visti prima in natura, ma solo nell’Enciclopedia degli Uccelli d’Europa che possedevo e consultavo da 45 anni. Si tratta di un uccello grande come un merlo, ma più affilato nel corpo e dai colori pittoreschi, giallo, verde e azzurro. Mangiatori di vespe che catturano in volo, finita la stagione della riproduzione, probabilmente, seguono gli sciami del cibo nei loro spostamenti. Li seguii per parecchio ammirandone il volo, simile a quello delle rondini. Ma, il loro comportamento, un po’ diffidente, non mi permise di ottenere un granché con l’obiettivo in dotazione. Ripiegammo, dato il sopraggiungere del tramonto. Era anche l’ora propizia per alcuni avvistamenti particolari. Infatti molto vicino a noi nella radura scorgiamo un giovane capriolo che dopo uno sguardo incuriosito si allontana occultandosi dietro le generose siepi. Più avanti, una famiglia di starne abbandona veloce la stradina per infilarsi nella folta sterpaglia, il richiamo ormai familiare del picchio verde, completa l’opera. Il tutto con grande gioia di David, che ha scoperto un altro mondo su cui poter fantasticare. Sbuchiamo presto sulle infrastrutture civili e facciamo scivolare rapida la bicicletta sull’asfalto, accompagnati da un rossazzuro tramonto sul Grappa. Come documentare la presenza dei gruccioni nelle “grave” del Piave? Ci vuole un teleobiettivo! Tornato in Studio, sfoglio internet e scopro una novità Nikon. 

Uno Zoom 18/300 DX, appena entrato in produzione. Una breve ricerca su eBay e lo ordino subito al miglior prezzo. I gruccioni nelle “grave” del Piave, meritano questo ed altro. Mi arriva con il corriere, dopo tre settimane!!! Ma non potevo pretendere di più. Lette le istruzioni, il primo giorno con tempo discreto, pedalo velocemente verso il mio obiettivo, qualche scatto per fare pratica e poi comincio a percorrere il “Parco del Piave” in lungo e in largo. Ma dei gruccioni non trovo più alcuna traccia. Di essi mi rimangono, per ora, solo le precedenti foto scattate in agosto con il 18/70, e quindi scarsamente definite. Non mi scoraggio, comincio allora a guardarmi un pò intorno, e mi accorgo che non mancano certo i soggetti e le inquadrature interessanti, nel fascino del “Parco del Piave”, per spaziare e far pratica, con il nuovo Nikon 18/300 DX. In attesa, ovviamente, del ritorno della colonia di gruccioni.

Montebelluna, 10.10.2012
Testo e foto Giorgio Bedin
348.2306616 Ecologia2010@live.it

I COSTI DELLE OPERE PUBBLICHE

Un parametro sempre più importante

    Gli elevati costi delle opere pubbliche sono sicuramente, di questi tempi, un grande freno alla loro realizzazione. La grande necessità di ammodernare il Paese, dalle nuove infrastrutture all’edilizia, può trovare soluzione se,  in fase preliminare di studio delle opere, si considera fondamentale il parametro dei costi (non solo di costruzione, ma anche delle successive manutenzioni), che possa essere elemento di scelta fra ipotesi esecutive diverse. Impressiona rilevare, per esempio, che per una rotatoria si prevedano di spendere 3 milioni di euro (Fig. 1),

Fig. 1 - Una soluzione con rotatoria di 42 m di diametro, ricavata interamente su area pubblica,  può essere realizzata per migliorare l’incrocio sulla circonvallazione di Castelfranco Veneto presso il McDonald’s. Il costo è sicuramente di molto inferiore ai 3 milioni di euro di finanziamento richiesti alla Regione Veneto!


quando si può chiaramente e semplicemente constatare che i lavori per la sua costruzione, sono tutti inseribili in aree pubbliche già disponibili. Forse si vuole fare più di quello che è necessario e sufficiente, magari realizzando, nel contempo, anche opere troppo ed inutilmente impattanti. Forse vale la pena di studiare o anche solo vedere cosa viene realizzato all’estero, dove opere più semplici, e quindi meno costose, risolvono situazioni anche più complesse (Fig. 2)!



 Fig. 2 - Una rotatoria di 32 m di diametro a Friburgo (DE), risolve un importante incrocio, con il ricavo anche delle piste ciclabili.
 

   Ritengo forzato e inutile insistere perché venga finanziata un’opera per la quale non siano state studiate alternative ugualmente funzionali e meno costose.
Ma anche grossolane considerazioni fuorvianti possono aumentare di molto i costi delle opere pubbliche. Per esempio, il tracciato proposto per la costruzione di un nuovo ponte sul Piave tra Covolo e Vidor, se condizionato dalla necessità di attraversare anche una vasta area di lavorazione della ghiaia in alveo di oltre 250.000 mq, può condurre a maggiori costi sia di costruzione che di uso e manutenzione, oltre, in questo caso, a prevedere una soluzione molto discutibile sia sul piano tecnico ambientale che funzionale.
Un tracciato non condizionato da preesistenze, che col tempo possono (ed a mio avviso dovranno) essere modificate, è possibile posizionato più a Nord, caratterizzato da una minore lunghezza, un minor impatto ambientale, una migliore soluzione tecnico funzionale, e in definitiva, con minori costi sia di costruzione che di manutenzione. In questo caso, inoltre, i minori costi, possono essere invece accantonati per cercare di ridurre il traffico da e per Valdobbiadene, di attraversamento di Covolo e Bigolino. Questo è possibile, prevedendo un secondo attraversamento del Piave tra Bigolino e Onigo (Fig. 3). 

Fig. 3 - Proposta di attraversamento del Piave tra Covolo e Vidor e tra Bigolino e Onigo che affronta i problemi del traffico tenendo presente i costi di costruzione e la qualità del servizio.

 
   Considerazioni di questo tipo debbono far parte di studi di fattibilità seri, che coinvolgano la popolazione residente, e tenendo sempre presente il rapporto tra costi complessivi e qualità delle opere.
Infine, scelte azzardate accompagnate da scarsa preparazione di tutta la filiera, amministrativa, progettuale, di controllo ed esecutiva, possono condurre a dispendiosissimi cambiamenti di programma. E’ il caso del Plesso Unico Scolastico di Casella d’Asolo (Fig. 4). 

 
Fig. 4 - La grande struttura in legno del Plesso Unico Scolastico di Casella d’Asolo, che dovrà essere completamente ricostruita!

 
   Concepito nella sua struttura completamente realizzata in legno, inseguendo un travisato concetto di “sostenibilità”, il fabbricato ha sofferto della scarsissima cultura dell’uso del legno contenuta nell’intero iter da parte di tutti gli operatori. Lasciata sotto la pioggia per molti mesi senza adeguate protezioni, l’intera struttura di venti aule, relativi servizi e spazi comuni per un totale di 2350 mq coperti, dovrà essere completamente ricostruita. Lontano da facili improvvisazioni, un approfondito studio di fattibilità su costruzioni di questo tipo, avrebbe suggerito modalità programmatiche, progettuali, gestionali di cantiere ed esecutive, che avrebbero dato origine a minimi rischi di fallimento. E conseguenti minori costi per la collettività.
In conclusione, modalità progettuali standardizzate e costi standard andrebbero maggiormente tenuti presenti con riferimento anche alle norme europee. L’obiettivo è quello di poter finalmente assistere a realizzazioni intelligenti, funzionali e dai costi contenuti.

Montebelluna, 06.03.2013
Testo e disegni Giorgio Bedin
348.2306616 giorgiobediningegnere@hotmail.com

(Testo ed immagini sono reperibili anche nel numero di aprile 2013 del mensile "Marca Aperta", diretto da Giuliana Merotto)

 
Curriculum sintetico di Giorgio Bedin

Nato a Pederobba il 21.12.1951, vive a Levada di Pederobba fino al 1982, quando si trasferisce a Montebelluna dove risiede in Via Steffani , 9.
Laureato in ingegneria Civile Edile a Padova nel 1975 si interessa, fin dalla prima crisi energetica degli anni ottanta, ai problemi di sostenibilità ambientale e progettazione olistica, estesi all’edilizia ed alle infrastrutture. Progetta e dirige opere private e pubbliche di edilizia e infrastrutture. Invitato a convegni internazionali come all’Energy Forum di Bressanone e alla Prima Conferenza Europea sull’Efficienza Energetica e la Sostenibilità in Architettura e Urbanistica di San Sebastian in Spagna, dove presenta alcuni studi e progetti realizzati di edifici solari (Scuola Media Giovanni XXIII e Scuola Materna di Conte a Montebelluna). Collabora con la rivista "Marca Aperta" dal 2002, con articoli riguardanti le infrastrutture, l’ecologia e la sostenibilità. Opera in Provincia di Treviso, con studio a Montebelluna in Via Dalmazia 36.









martedì 19 marzo 2013

MOVIMENTO CIVICO “L’ARCA DI NOE’”

 Spesso gli animali sono migliori degli uomini

Ti invitiamo a collaborare con il “Movimento Civico” per far sentire la tua presenza al paese. 
 
Il Movimento Civico “L’Arca di Noè” non è un partito politico, ma una libera associazione culturale, apartitica, ispirata al dialogo con i cittadini, soprattutto attraverso l’uso di strumenti informatici con l’intento di osservare, studiare ed interpretare i problemi sociali, economici, ambientali e politici del territorio. Quindi nessuna subordinazione a logiche di partito.

Trattasi in sostanza di un Gruppo libero e pacifico di cittadini che:
vuole creare le condizioni per un modo nuovo di gestire la cosa pubblica;
vuole creare un Programma Condiviso con l’intervento attivo di singoli, imprese e associazioni;
vuole dialogare con tutti nel rispetto della libertà, onestà, trasparenza e democrazia.

Puoi partecipare da protagonista segnalando la tua opinione su determinate tematiche di pubblico interesse, oppure puoi semplicemente farci sapere che ci sei.