Tra Ciano di Crocetta del Montello e Vidor.
Le condizioni ci sono tutte!
Riscoprire il greto del Piave penetrando attraverso le piste a volte ghiaiose, a volte inerbate, non è stato difficile. Un ritorno al passato, quando, ragazzini, andavamo ad acquistare, penetrando da Ciano del Montello, uccellini tipici delle “grave”, da ammirare poi nelle nostre gabbie. Come allora, la bicicletta ti consente di muoverti nella misura voluta, e come allora, appena scesa la riva e guadagnato l’alveo, si penetra ancora in un mondo incredibile. Ricondotto al banale quotidiano solo dall’abusivo passaggio di qualche vietato veicolo a motore.
Ma il grande silenzio e le ampie prospettive, intercalate da folta macchia mista, che si presentano, fanno rigenerare gli istinti. Cominci a sentire i richiami di svariate specie di uccelli, ad osservare tipici arbusti fioriti, e ad essere rapido nel seguire lo scatto e la corsa di una lepre o il nascondersi di una coppia di fagiani. Cerchi l’acqua, ma sei costretto a convivere con le radure, la macchia e l’atmosfera selvaggia per parecchio prima di raggiungere l’alveo. Qui il paesaggio cambia. La presenza dell’acqua richiama diverse specie di uccelli, garzette, gabbiani, qualche airone cenerino, cormorani, rondini di mare, tutti guidati dalle ampie distese d’acqua, a volte corrente, e apre scenari stimolanti.
La bicicletta comincia ad essere un ingombro. Nella natura selvaggia come quella che ti circonda ormai da un po’, ti senti un intruso. Nascondo la bici tra i cespugli, procedo acquattato radendo le siepi e mi sporgo verso il corso d’acqua. Non ricordo, nella mia infanzia una simile ricchezza di vita dentro le “grave”, soprattutto nella varietà degli uccelli. Un grande ritorno che mi fa ben sperare. Non avevo con me la macchina fotografica, ma è ovvio che sarei tornato. Una lunga esperienza giovanile a osservare gli uccelli, mi consentiva di riconoscerli con sicurezza. Ma un canto singolare mi incuriosì, non riuscendo a catalogarlo. Noto che il richiamo proveniva da una colonia di uccelli dal volo un po’ vagabondo e, appunto, dal canto a me sconosciuto. Incredibile che non ricordassi di averne mai incontrato in passato con comportamenti simili!
Cercai di avvicinarli, ma mai sufficientemente da poterli distinguere al punto da riconoscerli. Desistei, tanto sarei tornato con binocoli e macchina fotografica, molto ma molto presto. Un fuori strada, abusivo - gli accessi al Piave o sono chiusi ai mezzi motorizzati o sono dotati di segnaletica che ne vieta l’accesso - sbucò da una pista inghiaiata con sommo rumore e in una nuvola di polvere. L’incantesimo era rotto, ripresi la bicicletta e, diradata la polvere, presi la via del ritorno. Era verso il tramonto, e, a quell’ora, molte specie di uccelli si radunano in stormi alla ricerca di un luogo tranquillo per passare la notte. Sette ne contai, erano aironi cinerini in formazione, stagliati verso l’azzurro pallido del tramonto si fondevano nel colore del cielo. La mia fantasia ricominciò a volare, ma bisognava guadagnare le infrastrutture civili. Il giorno successivo il sole è limpido, ritorno attrezzato e in compagnia di David, mio nipote. Lo specchio d’acqua alla confluenza del Nasson, una coppia di gheppi presso il nido, una lepre che fugge, diventano subito scatti appassionati, ma l’obiettivo era raggiungere la colonia dei misteriosi uccelli. Ero attrezzato con uno zoom Nikon 18/70 DX, montato su Nikon D80. Purtroppo mi dovetti accontentare di scattare discrete e varie inquadrature per un bel po’, in quanto dei misteriosi uccelli, non trovai più traccia nei dintorni del luogo del precedente avvistamento.
Approfittammo allora per girovagare con la bicicletta alla scoperta di quello che appariva sempre più come un meraviglioso “Parco del Piave”. Non molto lontano, in direzione della foce, sento il singolare richiamo e vedo apparire, in volo e posati su alti rami, alcuni esemplari della colonia. Una rapida “zoomata” su un soggetto fermo sopra un ramo secco e scopro immediatamente la meraviglia. Si trattava di una colonia di gruccioni. Mai visti prima in natura, ma solo nell’Enciclopedia degli Uccelli d’Europa che possedevo e consultavo da 45 anni. Si tratta di un uccello grande come un merlo, ma più affilato nel corpo e dai colori pittoreschi, giallo, verde e azzurro. Mangiatori di vespe che catturano in volo, finita la stagione della riproduzione, probabilmente, seguono gli sciami del cibo nei loro spostamenti. Li seguii per parecchio ammirandone il volo, simile a quello delle rondini. Ma, il loro comportamento, un po’ diffidente, non mi permise di ottenere un granché con l’obiettivo in dotazione. Ripiegammo, dato il sopraggiungere del tramonto. Era anche l’ora propizia per alcuni avvistamenti particolari. Infatti molto vicino a noi nella radura scorgiamo un giovane capriolo che dopo uno sguardo incuriosito si allontana occultandosi dietro le generose siepi. Più avanti, una famiglia di starne abbandona veloce la stradina per infilarsi nella folta sterpaglia, il richiamo ormai familiare del picchio verde, completa l’opera. Il tutto con grande gioia di David, che ha scoperto un altro mondo su cui poter fantasticare. Sbuchiamo presto sulle infrastrutture civili e facciamo scivolare rapida la bicicletta sull’asfalto, accompagnati da un rossazzuro tramonto sul Grappa. Come documentare la presenza dei gruccioni nelle “grave” del Piave? Ci vuole un teleobiettivo! Tornato in Studio, sfoglio internet e scopro una novità Nikon.
Uno Zoom 18/300 DX, appena entrato in produzione. Una breve ricerca su eBay e lo ordino subito al miglior prezzo. I gruccioni nelle “grave” del Piave, meritano questo ed altro. Mi arriva con il corriere, dopo tre settimane!!! Ma non potevo pretendere di più. Lette le istruzioni, il primo giorno con tempo discreto, pedalo velocemente verso il mio obiettivo, qualche scatto per fare pratica e poi comincio a percorrere il “Parco del Piave” in lungo e in largo. Ma dei gruccioni non trovo più alcuna traccia. Di essi mi rimangono, per ora, solo le precedenti foto scattate in agosto con il 18/70, e quindi scarsamente definite. Non mi scoraggio, comincio allora a guardarmi un pò intorno, e mi accorgo che non mancano certo i soggetti e le inquadrature interessanti, nel fascino del “Parco del Piave”, per spaziare e far pratica, con il nuovo Nikon 18/300 DX. In attesa, ovviamente, del ritorno della colonia di gruccioni.
Montebelluna, 10.10.2012
Testo e foto Giorgio Bedin
348.2306616 Ecologia2010@live.it
Testo e foto Giorgio Bedin
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